A seguito dell’emergenza sanitaria correlata all’epidemia scatenata dal nuovo coronavirus Covid-19, ribattezzato con il nome di Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2 (SARS-CoV-2), e delle ordinanze della Presidenza dei Consigli dei Ministri, riteniamo sia utile fare chiarezza sui cambiamenti in atto che interessano anche le modalità e gli ambienti di lavoro.
L’Italia, dopo il periodo di lockdown, ha dato inizio alla fase 2, nella quale sono state riaperte le attività commerciali ed è stato consentito lo spostamento dentro e fuori i confini nazionali (con delle precise accortezze). Con tale situazione in atto, l’obiettivo degli interventi di sanità pubblica rimane quello di ridurre la diffusione del contagio, al fine di diminuire la pressione sul Servizio Sanitario Nazionale.
La diffusione del COVID-19 sta inevitabilmente cambiando le nostre abitudini, spingendo il nostro Paese ad adottare misure che, oltre che sulla vita quotidiana, si riflettono sui processi lavorativi e sugli ambienti di lavoro.
I primi casi di polmonite ad eziologia “ignota” sono stati rilevati il 31 dicembre 2019 in Cina presso la città di Wuhan. Il 9 gennaio 2020 è stato identificato il nuovo coronavirus Sars-CoV-2, come agente causale. Di recente è stata dimostrata la trasmissione del virus da persona a persona.
L’epidemia di COVID-19 è stata dichiarata dal Direttore Generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale.
In Italia, il Consiglio dei Ministri in data 31/01/2020 ha decretato lo stato di emergenza per i successivi 6 mesi.
A partire dal 4 maggio sono entrate in vigore le misure di contenimento dell’emergenza Covid-19 della Fase 2, indicate dal DPCM 26 aprile 2020. Ma è con il Decreto legge 33 del 2020 che sono stati di nuovo consentiti nel periodo compreso tra il 18 maggio e il 31 luglio:
Con il DPCM 17 maggio 2020 sono state fornite ulteriori specificazioni per quanto riguarda le misure di prevenzione e di contenimento da attuare per contrastare la diffusione del Covid-19.
Alla luce del nuovo aumento di contagi in Italia e della differenziazione delle misure da adottare in zone (gialla, arancione e rossa), il DPCM del 3 novembre 2020, che rimarrà in vigore fino al 3 dicembre, definisce nel dettaglio le attività consentite e quelle vietate o sospese.
Lazio – Molise – Provincia di Trento – Sardegna – Veneto
Spostamenti
Scuola, Università e Cultura
Abruzzo – Basilicata – Emilia-Romagna – Friuli Venezia Giulia – Marche – Liguria – Puglia – Sicilia –Umbria
Spostamenti
Scuola, Università e Cultura
Provincia di Bolzano – Calabria – Campania – Lombardia – Piemonte – Toscana – Valle d’Aosta
Spostamenti
Centri sportivi e altri luoghi
I sintomi più comuni dell’infezione includono:
Nei casi più gravi tali sintomi possono degenerare in polmonite, in una grave sindrome respiratoria acuta, insufficienza renale, causando in casi particolari la morte.
L’OMS e la comunità scientifica ad oggi ha rilevato che la maggior parte delle persone (circa l’80%) guarisce dalla malattia senza bisogno di cure speciali. Circa 1 persona su 5 con COVID-19 si ammala gravemente e sviluppa difficoltà respiratorie. Data la poca specificità dei sintomi dell’infezione da coronavirus è importante, al verificarsi degli stessi, informare immediatamente il proprio medico curante.
Il coronavirus si trasmette da una persona infetta a un’altra in modo simile ai virus dell’influenza stagionale, attraverso:
In casi rari il contagio può avvenire attraverso contaminazione fecale.
La Circolare del Ministero della Salute del 29 maggio 2020 n. 18584 ha indicato una serie di caratteristiche che permettono di definire il concetto di contatto stretto (esposizione ad alto rischio):
Una persona che vive nella stessa casa di un caso Covid-19.
Una persona che ha avuto un contatto fisico diretto con un caso di Covid-19 (per esempio la stretta di mano).
Una persona che ha avuto un contatto diretto non protetto con le secrezioni di un caso Covid-19 (ad es. toccare a mani nude fazzoletti di carta usati).
Una persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso di Covid-19, a distanza minore di 2 metri e di almeno 15 minuti.
Una persona che si è trovata in un ambiente chiuso (ad es. aula, sala riunioni, sala d’attesa dell’ospedale) con un caso di Covid-19 in assenza di DPI idonei.
Una persona che ha viaggiato seduta in treno, aereo o qualsiasi altro mezzo di trasporto, entro due posti in qualsiasi direzione rispetto ad un caso Covid-19: sono contatti stretti anche i compagni di viaggio e il personale addetto alla sezione dell’aereo/treno dove il caso indice era seduto.
In caso di contatto stretto con un soggetto positivo al Covid-19, ci sono una serie di misure che la persona deve intraprendere al fine di ridurre il rischio per se stessa e per gli altri (soprattutto qualora risultasse anch’essa positiva). In caso di positività, il soggetto può essere asintomatico e sintomatico. In questi casi, come si può vedere dall’infografica, le azioni da mettere in atto possono differire.
E’ possibile in via generale ridurre il rischio di infezione, proteggendo se stessi e gli altri, seguendo le ordinarie norme comportamentali e accorgimenti di corretta prassi igienica, già messi in pratica nei luoghi di lavoro. Al riguardo si rammenta la necessità di:
Lavarsi spesso e a lungo le mani con acqua e sapone o utilizzare gel disinfettanti a base alcolica.
Starnutire o tossire in un fazzoletto o con il gomito flesso, utilizzare una mascherina e gettare i fazzoletti utilizzati in un cestino chiuso immediatamente dopo l’uso.
Evitare di toccare gli occhi, il naso o la bocca con mani non lavate.
Evitare contatti ravvicinati con persone che sono malate o che mostrino sintomi di malattie respiratorie (come tosse e starnuti) senza adottare opportune precauzioni.
Segnalare al proprio medico curante ogni eventuale sintomo sospetto.
Inail rende noto con la circolare n.13 del 3 aprile che i contagi da Covid-19, sviluppati nell’ambiente di lavoro o a causa dello svolgimento dell’attività lavorativa, sono oggetto di tutela al pari degli infortuni sul lavoro. L’Inail chiarisce che il presupposto tecnico-giuridico è rappresentato dall’equivalenza tra:
Questa rappresenta una importante notizia per tutte le figure professionali più esposte al rischio di contrarre l’infezione. Inevitabilmente, i primi ad essere interessati dalla tutela dell’Inail sono gli operatori sanitari, i quali, come mostrano le cronache, sono fortemente esposti al contagio.
Altre figure professionali potenzialmente a rischio sono rappresentate da coloro che operano a stretto contatto con il pubblico, come i lavoratori impiegati in front-office e alla cassa, gli addetti alle vendite/banconisti, il personale non sanitario degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, e gli operatori del trasporto infermi.
Proprio per la natura dell’attività svolta e per il rischio esposizione, a tali tipologie professionali si applica la rischiosità specifica.
E’ importante, però, sottolineare che la tutela assicurativa predisposta dall’Inail si estende anche ai casi in cui l’identificazione delle precise cause e modalità lavorative del contagio si presenti problematica.
Obbligo datore di lavoro
Il datore di lavoro, sia pubblico che privato, è obbligato a denunciare/comunicare l’infortunio quando viene a conoscenza del contagio occorso al lavoratore.
Infortuni in itinere
Sono oggetto di tutela anche i casi di contagio da nuovo Coronavirus avvenuti nel percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro, che si configurano come infortuni in itinere. In questo caso, comunque, per i lavoratori che devono svolgere la loro prestazione in presenza è necessario ricorrere al mezzo privato, al fine di evitare i mezzi pubblici in cui il rischio di contagio è maggiore.
Grave infortunio sul lavoro
In caso di decesso, i familiari possono accedere anche alla prestazione economica del fondo delle vittime di gravi infortuni sul lavoro, prevista anche per i lavoratori non assicurati con l’Inail.
Gestione assicurativa
Gli eventi lesivi che derivano da infezioni da nuovo coronavirus nello svolgimento del lavoro gravano sulla gestione assicurativa dell’Inail. Pertanto, tali eventi non possono essere computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico.
In merito alle responsabilità civili e penali in cui potrebbe incorrere il Datore di lavoro qualora un suo dipendente sviluppasse l’infezione da Covid-19 nello svolgimento dell’attività professionale, Inail precisa con una nota pubblicata direttamente sul proprio portale che:
In altri termini, le responsabilità del datore di lavoro che non abbia rispettato le norme a tutela della salute e sicurezza sul lavoro devono essere rigorosamente accertate e i criteri da seguire sono differenti da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative Inail.
In sede penale:
In sede civile:
Le seguenti indicazioni sono presenti nel Protocollo, sottoscritto il 14 marzo 2020, di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro.
Il Protocollo è stato sottoscritto su invito del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro dell’economia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro della salute.
L’ultima versione del Protocollo è stata aggiornata il 24 aprile 2020.
Nel protocollo del 24 aprile, in linea con quanto già riportato nella precedente versione, si sottolinea che la prosecuzione delle attività produttive può avvenire solo in presenza di condizioni che assicurino alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione:
L’azienda, attraverso le modalità più idonee ed efficaci, informa tutti i lavoratori e chiunque entri in azienda circa le disposizioni delle Autorità, consegnando e/o affiggendo all’ingresso e nei luoghi maggiormente visibili dei locali aziendali, appositi depliants informativi.
In particolare, le informazioni riguardano:
Nel protocollo del 24 aprile è stata introdotta una importante novità per quanto riguarda il tema dell’informazione:
Nel protocollo del 24 aprile, per quanto riguarda la rilevazione della temperatura corporea viene sempre lasciata la possibilità di effettuarla e non l’obbligo, ovviamente fatto salvo le diverse ordinanze regionali:
Nel protocollo del 24 aprile ci sono novità anche nella parte relativa alle “modalità di accesso dei fornitori esterni”, con particolare attenzione ai lavoratori terzi e alla collaborazione tra committenti e imprese appaltatrici:
Nel protocollo del 24 aprile, per quanto riguarda la sanificazione si indica che:
L’adozione delle misure di igiene e dei dispositivi di protezione individuale indicati nel presente Protocollo di Regolamentazione è fondamentale e, vista l’attuale situazione di emergenza, è evidentemente legata alla disponibilità in commercio.
Per questi motivi:
Qualora il lavoro imponga di lavorare a distanza interpersonale minore di un metro e non siano possibili altre soluzioni organizzative è comunque necessario l’uso delle mascherine e di altri dispositivi di protezione (guanti, occhiali, tute, cuffie, camici, ecc…) conformi alle disposizioni delle autorità scientifiche e sanitarie.
Nel protocollo del 24 aprile, viene indicato che sulle mascherine, a partire dalla mappatura delle diverse attività dell’azienda, si adotteranno i DPI idonei:
In riferimento al DPCM 11 marzo 2020, punto 7, limitatamente al periodo della emergenza dovuta al COVID-19, le imprese potranno:
Sono sospese e annullate tutte le trasferte/viaggi di lavoro nazionali e internazionali, anche se già concordate o organizzate.
Nel protocollo del 24 aprile, al fine poi di evitare aggregazioni sociali anche in relazione agli spostamenti per raggiungere il posto di lavoro e rientrare a casa:
Nel protocollo del 24 aprile, per quanto riguarda il ruolo del Medico Competente:
Per quanto riguarda la costituzione del Comitato per l’applicazione e la verifica delle regole del protocollo di regolamentazione, il Protocollo del 24 aprile aggiunge che:
Il 3 aprile la PA e le OO.SS. hanno sottoscritto un protocollo d’intesa per la prevenzione dei dipendenti pubblici in relazione all’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del Covid-19.
Il protocollo si inserisce all’interno delle diverse strategie di intervento finalizzate alla tutela del personale nello svolgimento dell’attività lavorativa e si richiama a quanto già sottoscritto il 14 marzo 2020 e alla circolare del 1° aprile 2020 del Ministro per la pubblica amministrazione.
In particolare, nei due documenti precedenti si specifica che la modalità di lavoro ordinaria è il lavoro agile e che è fondamentale limitare al minimo la presenza del personale negli uffici.
Nel punto 2 si sottolinea la necessità di rimodulare l’organizzazione del lavoro e degli uffici al fine di ridurre la presenza del personale e dell’utenza. Tale riorganizzazione viene realizzata non soltanto attraverso il lavoro agile, ma anche attraverso:
L’erogazione di servizi al pubblico, che non può essere effettuata ricorrendo ad altre soluzioni (lavoro agile, da remoto o con servizi informatici o telefonici), deve essere svolta con appuntamenti cadenzati e prevedendo che il personale sia dotato di adeguati dispositivi di protezione individuale (DPI) previsti dalla normativa e secondo le disposizioni delle competenti autorità (punto 4).
Inoltre, nel punto 8 si specifica la necessità di assicurare la pulizia giornaliera e la sanificazione periodica dei locali, degli ambienti, delle postazioni di lavoro e delle aree comuni e di attesa dell’utenza.
Una importante novità introdotta viene indicata dal punto 5 del protocollo. Infatti, qualora non sia possibile ricorrere al lavoro agile e fermo restando l’eventuale ricorso alle ferie pregresse e ai congedi, le amministrazioni possono ricorrere, nelle modalità previste dai vigenti CCNL, al collocamento in attività di formazione in remoto utilizzando pacchetti formativi individuati dal datore di lavoro.
Qualora si verifichi un caso di positività al COVID-19 di un dipendente o di un eventuale cittadino/utente che abbia avuto recente accesso agli spazi di un’amministrazione, si procede alla chiusura della stessa amministrazione per almeno 24 ore ai fini dello svolgimento delle operazioni di pulizia e sanificazione dei locali interessati (punto 9).
L’ISS – Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato un rapporto che contiene “Indicazioni sugli impianti di ventilazione/climatizzazione in strutture comunitarie non sanitarie e in ambienti domestici in relazione alla diffusione del virus SARS-CoV-2.”
Il documento fornisce indicazioni chiare sui ricambi d’aria e sugli altri parametri degli impianti. In sintesi, il ricircolo è sostanzialmente bandito dagli impianti centralizzati.
Inoltre, vengono riportate alcune spiegazioni sulle modalità di trasmissione del contagio che rappresentano una summa delle più avanzate ricerche finora condotte sull’argomento.
A differenza degli altri rapporti pubblicati finora, è presente un’apertura in merito alla possibilità che il contagio possa avvenire non soltanto mediante droplet, ma anche tramite aerosol.
Infatti l’attività respiratoria comporta l’emissione di particelle di dimensioni variabili, con una distribuzione che dipende dalle condizioni di emissione. Poiché la probabilità che una gocciolina contenga vironi è proporzionata al suo volume, ne deriva che in aria il SARS-CoV-2 è veicolato attraverso “large droplet” che ricadono rapidamente al suolo.
Una parte delle unità virali, però, può essere emessa attraverso “medium e small droplet” che, per le loro dimensioni, possono persistere in aria per un tempo prolungato, formando aerosol di droplet nuclei.
In sostanza, la ventilazione impatta principalmente su questi ultimi.
Le raccomandazioni operative per la gestione degli impianti vengono definite sulla base di una matrice di rischio fondata:
In funzione del valore restituito dalla matrice, vengono definite le raccomandazioni operative da applicare in ambienti non sanitari né ospedalieri.
Nel rapporto viene riportato il numero di ricambi d’aria necessari per garantire una rimozione efficiente pari al 99,9% delle particelle. In caso, ad esempio, di una rimozione rapida, effettuata in 20 minuti, è opportuno garantire un ricambio minimo di 20 vol/h.
Per quanto riguarda invece le impostazioni di temperatura e umidità in ambiente, l’ISS raccomanda, al fine di garantire il benessere termoigrometrico, di mantenere in ambiente un’umidità relativa prossima al 60%:
Inoltre, la temperatura in ambiente dovrà essere regolata considerando non soltanto il comfort abituale, ma anche la necessità di mitigare lo stress addizionale causato dall’utilizzo continuo dei DPI respiratori. Ciò può richiedere di ridurre la temperatura dell’aria ambiente fino a 2 °C.
Nel caso, invece, della ventilazione naturale, è fondamentale mantenere chiuse le porte interne all’edificio al fine di limitare la diffusione tra ambienti adiacenti.
Infine, viene ricordato come, oltre agli impianti di ventilazione e climatizzazione, anche i dispositivi personali di raffrescamento quali i ventilatori da tavolo, i ventilatori a pala da soffitto e persino i ventagli, determinino la formazione di getti d’aria nell’ambiente, con velocità superiori a 1 m/s.
Tali getti d’aria possono interagire con le emissioni dovute alla presenza in ambiente di un soggetto positivo al SARS-CoV-2. Tali apparecchi e dispositivi non devono essere utilizzati nell’ambito di strutture ospedaliere o sanitarie.
In base alla caratterizzazione della popolazione dei lavoratori potenzialmente esposti in relazione alle attività svolte e ai diversi scenari di rischio, è possibile definire 4 scenari di rischio associati a differenti contesti geografici:
Scenario 1
Aree in cui non sono noti o sono presenti rari casi di contagio di prima generazione (importati) o di seconda generazione (autoctoni) circoscritti con link epidemiologico conosciuto e sistema sanitario non critico.
Scenario 2
Aree in cui sono presenti focolai di infezione localizzati e casi di seconda generazione, il cui sistema sanitario è efficiente/non sotto pressione.
Scenario 3
Aree in cui sono presenti focolai di infezione indistinti/diffusi su tutto il territorio nazionale/Paese e sistema sanitario sotto pressione (es. Italia).
Scenario 4
Aree in cui sono presenti focolai di infezione indistinti/diffusi su tutto il territorio nazionale/Paese e sistema sanitario in crisi (es. Cina inizio epidemia).
Le attività svolte dai lavoratori sono quindi riclassificate in 4 macro-tipologie in funzione della probabilità di contagio rispetto alla popolazione:
Attività con esposizione analoga a quella della “popolazione”
Attività (non sanitarie) senza o con limitato contatto con pubblico/utenti esterni (es. attività di ufficio, magazzinaggio, etc.).
Attività a “rischio generico aggravato”
Attività non sanitarie che comportano interazione diretta e/o stretta vicinanza con volumi significativi di soggetti (es. guide musei, addetti front office, insegnanti, commessi in esercizi commerciali etc.).
Attività in trasferta
Sul territorio Nazionale e Estero.
Attività sanitarie e di assistenza socio sanitaria, attività di Protezione Civile
Per definire invece il livello di rischio associato all’esposizione dei lavoratori, occorre rapportare la macrotipologia di attività allo scenario di esposizione come indicato nella matrice che segue.
Si rimane a disposizione per ogni ulteriore informazione e/o supporto nell’individuazione e attuazione delle eventuali ulteriori misure di prevenzione e protezione necessarie.
Ulteriori contributi specifici verranno forniti direttamente dai nostri RSPP e/o ASPP o ancora dai nostri consulenti già attivi a supporto di tali figure (responsabili di progetto sullo specifico cliente), i quali sono da considerarsi come i corretti interlocutori per gli ulteriori approfondimenti sul tema.
Igeam ha attivato una richiesta di manifestazione di interesse al fine di ottimizzare l’erogazione dei test COVID-19 IgG/IgM per il monitoraggio della popolazione lavorativa.