La Formula 1 rappresenta, per sua natura e caratteristiche, una delle innovazioni più avanzate mai prodotte dall’essere umano. Il ricorso ad un evoluto sviluppo tecnologico unito all’utilizzo di competenze ingegneristiche impareggiabili creano le condizioni per la progettazione, l’ideazione e la realizzazione di un prodotto altamente spettacolare.
Nonostante i rischi per la sicurezza siano elevati in ogni gara, la sua gestione raggiunge standard apparentemente ineguagliabili, limitando le probabilità che gli incidenti possano davvero impattare sulla salute dei piloti e di tutti gli addetti ai lavori presenti in pista.
Tuttavia non è sempre stato così. I livelli di sicurezza attuali sono il prodotto di una evoluzione tecnologica, organizzativa, metodologica, la cui origine può essere rintracciata nel tragico weekend del Gran Premio di San Marino, nel 1994, in cui persero la vita prima Roland Ratzenberger e poi Ayrton Senna.
Proprio questo “punto di rottura” e la successiva trasformazione messa in atto con convinzione dalla FIA – Federazione Internazionale dell’Automobile, ci consentono di apprendere alcune fondamentali lezioni, utili per la gestione della sicurezza e la prevenzione dei rischi nei luoghi di lavoro.
L’intervista a Jarno Zaffelli, importante progettista, fondatore di Dromo e disegnatore di autodromi internazionali, e a Davide Baroncini, Direttore Marketing di Igeam con un’esperienza più che ventennale nel mondo delle corse, permette di entrare molto più nel dettaglio dei cambiamenti introdotti e di come tradurli in azioni pratiche negli ambienti di lavoro.
L’evoluzione della sicurezza in Formula 1
La sicurezza in Formula 1 non ha mai raggiunto gli standard attuali. E’ altrettanto importante sottolineare, però, che il livello conseguito negli ultimi anni è anche eredità di un passato caratterizzato da numerosi errori e sottovalutazioni oltre che, soprattutto, da una carente, se non del tutto assente, cultura della sicurezza.
Il punto di rottura, come si vedrà più avanti, è senza dubbio rappresentato da quanto accaduto a Imola nel 1994. Prima di allora, però, alcune circostanze hanno creato le condizioni per la nascita e l’affermazione della Formula 1 come la conosciamo oggi.
Prima della nascita del Circus (1963-1977)
La nascita del Circus, con cui si individua la fase moderna della Formula 1, può essere rintracciata nel 1978. Prima di allora, e più precisamente dal 1963, gli incidenti mortali sono stati più di 10 con una media di un episodio tragico ogni 15 gare (senza citare i casi di infortuni non mortali).
Le cause di questa condizione di profonda incertezza e insicurezza sono molteplici. Tentando di semplificare è possibile considerare soprattutto tre fattori:
- la pericolosità delle auto
- il design critico di molti circuiti
- una inadeguata struttura medica e di soccorso
Analizzando, come poi è stato fatto, gli incidenti di quel periodo, si nota come la struttura tecnica delle auto, unita anche alla pericolosità dei circuiti (in alcuni casi molto lunghi, senza vie di fuga), e alla mancanza di adeguati sistemi di protezione nei punti più critici delle piste, creava le condizioni per incidenti gravi che, a loro volta, favorivano lo scoppio di incendi.
Tra gli episodi più eclatanti, in questo senso, si ricorda quanto accaduto al pilota della Ferrari, Niki Lauda, nel 1976 al Nurburgring, un episodio raccontato anche nel film Rush. In quel caso, dopo l’urto con il guard-rail esterno, l’auto rimbalzò in pista prendendo fuoco e fu poi colpita da altre due auto che sopraggiungevano in quel momento. Dopo lo scontro, Niki Lauda perse il casco e fu solo grazie all’intervento di altri piloti che fu estratto vivo, anche se gravemente ustionato, dall’abitacolo.
Un pilota, in altri termini, poteva anche sopravvivere ad un urto violento (sebbene riportando fratture multiple), ma poi sapeva di rischiare la vita a causa delle ustioni o per l’inalazione da fumo.
Questo episodio, come altri che non menzioniamo, chiama in causa un secondo aspetto critico che coinvolge la struttura predisposta all’intervento e al soccorso in caso di incidente. Al tempo, molti circuiti erano sprovvisti di medical center e anche quando questi erano presenti, mostravano tutta la loro inadeguatezza. Inoltre lo stesso ricorso a piloti professionisti per guidare i veicoli di soccorso era limitato.
In pratica, anche a fronte di rischi elevati e della frequenza sia degli incidenti gravi che delle conseguenze (gli incendi erano ricorrenti), non esisteva un effettivo sistema di sicurezza in grado di garantire un’attività di prevenzione e di intervento coerente ed organizzata. Quella che mancava era una vera e propria cultura organizzativa orientata alla sicurezza, fuori e dentro le piste.
Sviluppo e crescita organizzativa (1978-1994)
Il 1978, come detto, rappresenta un turning point cruciale nella storia della Formula 1. Sid Watkins diventa il primo Chief Medical Officer del circus, consentendo di sviluppare una strategia di sviluppo più orientata alla salute e alla sicurezza. Tale figura si rivela determinante nell’assicurare nel tempo l’affermazione di un protocollo di sicurezza condiviso e aggiornato.
Contemporaneamente, dalla metà degli anni ‘70 la Formula 1 si trasforma in un prodotto sempre più televisivo. Tale aspetto, naturalmente, crea le condizioni per la nascita di uno spettacolo mediale capace di attrarre un numero crescente di sponsor e nel quale i piloti (come nel caso di James Hunt) diventano vere e proprie star. Proprio la crescente attenzione dei media, però, spinge indirettamente ad una maggiore attenzione anche verso la sicurezza. Infatti la FIA comprende nel tempo che gli incidenti e, soprattutto, le loro conseguenze mortali rappresentano un serio danno reputazionale all’immagine della Formula 1.
In questo periodo, che idealmente si conclude nel weekend di Imola del 1994, il numero degli incidenti mortali si riduce drasticamente. Viene istituita la commissione medica FISA e soprattutto dagli anni ’80 si interviene in modo deciso su alcuni dei fattori individuati come tra i più problematici nella gestione della sicurezza:
- le auto sono sottoposte ad interventi di design, come ad esempio l’eliminazione dell’effetto-suolo nel 1983, che contribuiscono a renderle meno pericolose.
- tutti i circuiti vengono dotati di un centro medico con una struttura interna sensibilmente potenziata, sia in termini di equipaggiamento che di personale. Diventa obbligatoria anche la presenza di un elicottero di sicurezza.
Quello che accade in questo periodo mostra chiaramente come l’ideazione e la realizzazione di una cultura organizzativa, finalmente diffusa e condivisa, orientata alla prevenzione e alla gestione dei rischi, permetta di intervenire in modo efficace sui nodi critici che favoriscono e alimentano gli errori alla base degli incidenti.
Come è cambiata la gestione della sicurezza in Formula 1 dopo la morte di Ayrton Senna
L’evento che, più di altri, ha rappresentato un punto di rottura nella gestione della sicurezza in Formula 1 è senza dubbio l’incidente mortale occorso ad Ayrton Senna a Imola nel 1994. In realtà, è più corretto dire che l’intero weekend fu funestato da eventi drammatici che, insieme, contribuirono a modificare la percezione della Formula 1 nell’opinione pubblica.
Prima della tragica fine di Senna, infatti, nel venerdì di prove libere Rubens Barrichello ebbe un gravissimo incidente, per fortuna senza gravi conseguenze, che lo costrinse al ricovero in ospedale. Il sabato, invece, non fu altrettanto fortunato il pilota austriaco, Roland Ratzenberger, nonostante l’intervento dei soccorsi e le successive misure messe in atto per rianimarlo.
I tre incidenti di quel Gran Premio, sebbene presentassero dinamiche diverse, chiarirono in modo tragico quanto sia le piste che il design delle auto fossero ancora inadeguati a garantire elevati standard di sicurezza ai piloti.
Dopo Imola e la creazione dell’Advisory Expert Group – una struttura composta da esperti interamente focalizzata sull’analisi e la gestione della sicurezza, la FIA intervenne apportando modifiche sostanziali ai punti più pericolosi presenti nei circuiti attraverso l’introduzione di ulteriori chicanes.
Uno dei cambiamenti più importanti, però, fu dotare le auto di dispositivi tecnologici sempre più avanzati per la raccolta dei dati di corsa. In questo modo, l’analisi degli incidenti divenne ancora più evoluta, potendo contare su informazioni aggiornate e dettagliate che consentivano di visualizzare e comprendere in modo oggettivo le dinamiche di pista.
Quali lezioni sulla sicurezza possiamo imparare dalla Formula 1
Sarebbe illusorio pensare che dopo i tragici episodi di Imola 1994 e il cambio di paradigma avvenuto nella gestione della sicurezza, non vi siano stati più incidenti gravi in Formula 1. Rispetto al passato, però, la capacità, la competenza e la rapidità di risposta della FIA alle situazioni di rischio si sono dimostrate all’altezza della complessità degli eventi che hanno avuto luogo. Alcuni esempi possono essere illuminanti da questo punto di vista.
Nel 2000 a Monza e nel 2001 a Melbourne, due commissari di gara non sopravvivono all’urto contro gli pneumatici che si sono staccati dalle monoposto impegnate in pista. Dopo l’analisi degli episodi, che tra l’altro presentano evidenti similarità, e l’individuazione delle possibili cause, si decide di aumentare i dispositivi di ritenzione delle gomme e, successivamente, di costruirli in kevlar, un materiale tra i più resistenti utilizzato, tra gli altri, come fibra di rinforzo per la costruzione dei giubbotti antiproiettile.
Nel 2009, durante le prove del Gran Premio di Ungheria, una molla di metallo del peso di meno di un chilo si stacca dalla monoposto guidata da Rubens Barrichello e, penetrando il visore del casco, colpisce Felipe Massa poco sopra l’occhio sinistro. Per fortuna le conseguenze non sono fatali, anche se i medici hanno dovuto ricorrere al coma farmacologico per due giorni per salvaguardare le sue condizioni di salute. Due anni dopo l’incidente, nel 2011, vengono introdotte visiere per i caschi realizzate in zylon, una delle fibre più resistenti.
Nel 2014, invece, Jules Bianchi rimane ucciso a causa dei traumi riportati dopo un incidente nel Gran Premio di Giappone. Il pilota francese, dopo aver perso il controllo della sua auto, si è scontrato con una gru mobile impegnata nel recupero di un’altra monoposto anch’essa uscita di pista. L’attenta analisi dell’episodio ha evidenziato significative negligenze nella direzione pista, oltre a limiti nelle procedure post-incidente e nella sicurezza dell’abitacolo.
Proprio per evitare che una situazione simile potesse ripetersi e gestire al meglio e in sicurezza l’attività dei mezzi di soccorso, la FIA ha introdotto la virtual safety car. Inoltre la Federazione ha studiato una soluzione altamente avanzata, l’Halo, capace di aumentare in modo significativo la sicurezza del pilota all’interno dell’abitacolo, salvaguardando ulteriormente la parte superiore del corpo da possibili urti esterni.
L’ultimo episodio, accaduto nel 2020 durante il Gran Premio del Bahrain, ha riguardato il pilota francese Romain Grosjean, uscito illeso da un gravissimo incidente nel quale la sua auto, dopo l’urto contro le barriere, si è divisa a metà prendendo immediatamente fuoco. Rimandiamo qui per tutte le novità introdotte dalla Federazione dopo la fine dell’investigazione. Ad un livello più generale l’incidente ha confermato, se ce ne fosse bisogno, l’elevata pericolosità della Formula 1, ma ha dimostrato ancora più chiaramente quanto la gestione della sicurezza abbia raggiunto standard elevatissimi (sia nella costruzione delle monoposto che nelle procedure di intervento post-incidente).
Quali lezioni possiamo dunque apprendere dalla Formula 1 in termini di sicurezza?
1
La sicurezza è un asset primario da salvaguardare
Per la FIA, la Federazione Internazionale Automobilistica, la sicurezza non è un semplice “cappello” da apporre ad un insieme di interventi adottati per essere compliant ad una normativa, ma rappresenta a tutti gli effetti una dimensione cruciale per la sopravvivenza e il successo della Formula 1 stessa.
In altri termini, la sicurezza è un asset primario da consolidare proprio perché salvaguardandolo è possibile tutelare l’asset che, più di altri, contribuisce al prestigio e alla reputazione del circus, vale a dire i piloti e il livello di competizione. Trasformare la sicurezza in asset, quindi, significa adottare un modello di business sostenibile, nel quale la sicurezza smette di essere percepita e definita come un costo per trasformarsi in un beneficio.
Cosa può fare un’organizzazione? Adottare un sistema di valori nel quale la cultura della sicurezza non viene più misurata esclusivamente secondo una logica economica, ma come un valore totalmente intrinseco all’attività professionale e produttiva.
2
Il personale più competente ed esperto risponde più velocemente e in modo efficace ai rischi
La gestione della sicurezza in Formula 1 è assegnata ad un gruppo tecnico composto da esperti. La FIA ha compreso da tempo che costruire una cultura della sicurezza efficace significa porre la competenza e l’esperienza al centro della propria filosofia organizzativa. Proprio grazie a questa expertise è possibile rispondere in modo rapido e strutturato ad un incidente, sia in pista che in fase analitica.
Perché questo aspetto è fondamentale? Più la risposta è rapida e funzionale, più si riducono le possibilità che quel tipo di incidente possa risultare fatale in futuro e minore è l’impatto sullo stato psico-fisico dei piloti. Non bisogna dimenticare, infatti, che livelli più bassi di stress riducono le possibilità di incorrere in errori evitabili.
Cosa può fare un’organizzazione? Attribuire alla sicurezza la giusta rilevanza organizzativa, vedendo nell’esperienza e nella competenza uno strumento ideale per limitare i rischi futuri e rispondere più velocemente a quelli presenti.
3
Tutto ciò che è misurabile può essere quantificato, compreso e, quindi, adeguatamente gestito
Tutto quello che accade e che ha rilevanza in Formula 1 può essere misurato. Questo riguarda, naturalmente, la stessa gestione della sicurezza.
L’adozione di una tecnologia diffusa e capillare, capace di monitorare la pista, le monoposto e i piloti, restituisce un’enorme quantità di dati che si rivelano decisivi nello sviluppo delle auto (che sono, tra l’altro, dotate di più di 200 sensori), nel design dei circuiti, nell’analisi degli incidenti e nella definizione degli interventi di sicurezza.
Cosa può fare un’organizzazione? La cultura della sicurezza in azienda non può più fare a meno della tecnologia per poter essere sostenuta e tutelata. Noi in Igeam abbiamo sviluppato insieme ai nostri partner software avanzati per supportare le imprese nella gestione dei rischi e nella valorizzazione dei loro asset.
4
Percepirsi come sistema per combattere l’esistenza di “isole di eccellenza in un oceano di mediocrità”
Una delle lezioni più importanti della Formula 1 è la visione di sistema condivisa tra tutti gli attori protagonisti dello spettacolo. In altri termini, nonostante l’incredibile livello di competizione fuori e dentro le piste, le singole case automobilistiche non si percepiscono come attori separati dall’industria a cui appartengono.
Infatti i team sono spinti a lavorare insieme e a considerare se stessi come parte di un settore, condividendo tutte le informazioni che possono risultare determinanti nella gestione e prevenzione della sicurezza.
L’obiettivo della Federazione Automobilistica, rafforzato anche dalle nuove regole introdotte quest’anno e che verranno ulteriormente sostenute dal 2022, è creare le condizioni per la realizzazione di un sistema per quanto possibile equilibrato. In questo senso, la FIA non può permettersi “isole di eccellenza in un oceano di mediocrità”.
Cosa può fare un’organizzazione? Sebbene la logica di sistema che caratterizza la Formula 1 sia per certi versi unica, è fondamentale che ogni azienda, all’interno del proprio segmento produttivo, stabilisca relazioni consolidate e di network per facilitare scambi di informazione e buone pratiche relative alla gestione della sicurezza.
5
Non esiste sicurezza senza la ricerca e il rispetto di una compliance diffusa
Una delle sfide che la FIA è chiamata ad affrontare ogni volta che viene organizzato un Gran Premio è la gestione della compliance. Questa responsabilità è tipica delle aziende le cui sedi sono localizzate in Paesi e continenti diversi. Infatti ogni anno la Formula 1 gareggia in decine di nazioni sparse in diversi punti del globo, dal continente americano all’Europa, dall’Asia all’Australia. Questo significa dover fare i conti con differenti normative locali e istituzioni/governi nazionali che, tra l’altro, molto spesso sostengono e promuovono il Gran Premio sui propri territori.
Come per i punti precedenti, è possibile ricercare e rispettare la compliance solo nel momento in cui la FIA e la Formula 1 agiscono come un’entità unica, con una visione e gestione centralizzata che garantisce un’omogeneità di procedure e di interventi che prescindono dalle diverse istanze ed esigenze locali. In questo modo la tutela della sicurezza non viene mai sacrificata.
Cosa può fare un’organizzazione? La cultura della sicurezza in azienda non può più fare a meno del rispetto della compliance per poter essere tutelata. Noi in Igeam, ad esempio, abbiamo sviluppato insieme ai nostri partner un insieme di misure che permettono alle imprese di progettare e implementare i principali sistemi organizzativi.
Autori dell’intervista
Jarno Zaffelli
Progettista autodromi – Dromo
Tra i più importanti progettisti e disegnatori di autodromi internazionali, nel 2011 fonda la la sua società di ingegneria, Dromo. Nel 2011 supporta l’Autodromo del Mugello nella progettazione di alcune parti della pista e segue i lavori di rifacimento dell’Autodromo di Imola. In seguito compie importanti lavori di riprogettazione all’autodromo di Sepang, mentre nel 2018 è incaricato di indagare sui problemi di sicurezza del tracciato di Silverstone.
Davide Baroncini
Direttore Marketing – Igeam
Professionista con 30 anni di esperienza in diversi settori merceologici per aziende nazionali e internazionali. Dal 2018 in Igeam, ha assunto la Direzione della Divisione Real Estate in TUV Italia, primario ente di certificazione internazionale. Nel 2013 è entrato in Dekra Italia come Direttore commerciale per poi gestire la Direzione delle Attività di certificazione.
Antonio Di Stefano
Responsabile Comunicazione – Igeam
Dal 2017 in Igeam è Digital Marketing & Communication Manager, con la responsabilità delle attività di comunicazione e marketing online finalizzate alla brand awareness e lead generation. Ha un Ph.D in Comunicazione e dal 2010 nel Dipartimento di Comunicazione (CoRiS) ha seguito progetti digital per importanti istituzioni pubbliche.