Come riuscire a promuovere la salute sul lavoro per sfruttarne tutti i benefici
I luoghi di lavoro rappresentano sempre di più degli spazi favorevoli per promuovere la salute e il benessere dei dipendenti. Tuttavia non sempre questo accade, nonostante siano noti i benefici per il professionista e l’organizzazione.
Le aziende possono fare molto per aiutare i propri dipendenti a migliorare il proprio benessere psico-fisico, fuori e dentro i luoghi di lavoro. Per riuscire a raggiungere questo obiettivo è utile per il datore di lavoro pensare al proprio luogo di lavoro come ad uno spazio favorevole per il benessere e la salute dei propri dipendenti.
Ma perché è utile per un’azienda creare le condizioni per un benessere diffuso? I lavoratori in salute sono professionisti più produttivi, più attenti alla sicurezza e meno portati ad incorrere in incidenti sul lavoro.
I limiti nella gestione della sicurezza nei luoghi di lavoro
Terry L. Mathis, co-autore di “STEPS to Safety Culture Excellence” e nominato da EHS Today come uno dei professionisti più influenti in ambito EHS, ha condiviso alcune osservazioni che derivano dall’esperienza maturata come professionista esperto nel campo della sicurezza.
1. La maggior parte degli esperti di sicurezza non “guidano” la sicurezza.
2. Le persone ignorano ciò che non conoscono.
3. La maggior parte della formazione sulla sicurezza non funziona come dovrebbe.
4. La maggior parte delle metriche sulla sicurezza sono reattive e non predittive.
5. L’eccellenza nella sicurezza è spesso sfuggente.
Le 10 maggiori violazioni nei luoghi di lavoro nel 2021 secondo OSHA
OSHA ha di recente rivelato quali sono le dieci maggiori violazioni riportate dalle aziende in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro nel 2021:
10°. Sicurezza protezione macchine
9°. Carrelli elevatori e carrelli industriali
8°. Protezione occhi e viso
7°. Requisiti protezione anti-caduta
6°. Lockout/Tagout
5°. Comunicazione dei rischi
4°. Sicurezza ponteggi e impalcature
3°. Scale
2°. Protezione respiratoria
1°. Protezione cadute dall’alto
Sicurezza sul lavoro
Come proteggere chi lavora in solitario
Il lavoro in solitudine rappresenta una condizione da non sottovalutare, soprattutto perché espone il/la professionista a rischi potenzialmente dannosi per la sua salute e sicurezza. Infatti chi opera in solitario lavora senza una diretta o stretta supervisione e senza l’assistenza di un collega.
Sono diversi i lavoratori la cui attività prevede delle fasi in solitudine: i trasportatori, gli operatori sanitari, gli addetti alle pulizie, gli ingegneri, chi lavora da casa o nell’ambito della sicurezza.
Sulla base della complessità e delle specifiche caratteristiche del lavoro svolto, cambia la natura dei rischi a cui tali professionisti possono essere soggetti.
Soluzioni per mitigare i rischi in ambito Oil&Gas
Il mondo dell’Oil&Gas rappresenta per la sicurezza del lavoro una sfida quotidiana. Infatti all’interno di una stessa realtà operativa sono presenti professionisti con competenze diversificate, attività con diversi livelli di rischio e macchinari caratterizzati da un’elevata complessità.
Riuscire a gestire la sicurezza in modo continuativo non è semplice, ma sulla base dei risultati forniti da OSHA è possibile identificare gli incidenti ricorrenti e delineare strategie di prevenzione più efficaci.
Tra i rischi più frequenti, che non hanno sempre a che fare con l’attività estrattiva, spiccano lo scontro tra veicoli, la contemporanea convergenza di diversi tipi di operazioni all’interno di spazi limitati e la presenza di lavoratori a tempo con un’esperienza limitata.
Tutti questi rischi possono però essere gestiti con successo.
Quali sono principali rischi sul lavoro in estate
La gestione della sicurezza sul lavoro non può mai permettersi di abbassare la guardia, tantomeno d’estate. Infatti, secondo diversi studi, in questo periodo dell’anno si registra un aumento di incidenti ed infortuni causati da situazioni e rischi che, solo in alcuni casi, possono essere considerati stagionali.
Se, come ovvio, determinate condizioni lavorative risultano fortemente condizionate dall’aumento delle temperature (come nel caso di attività svolte all’aperto), altri tipi di rischi in realtà non dipendono da situazioni metereologiche.
Soluzioni per sviluppare una cultura della sicurezza nell’edilizia
Il settore dell’edilizia in Italia come all’estero pone diverse sfide alla gestione della salute e sicurezza dei lavoratori. Proprio per questo risulta ancora più fondamentale lo sviluppo di un processo di health & safety per il contrasto e la prevenzione dei rischi.
Tuttavia, anche alla luce delle specifiche caratteristiche del settore, la definizione del programma di sicurezza ha bisogno di essere integrato da una fase di reale verifica dell’effettiva adozione e incorporazione dei principi di sicurezza nelle attività lavorative quotidiane.
In altre parole, è fondamentale che la cultura della sicurezza sia concretamente condivisa sia dal management che dai lavoratori dell’organizzazione. Senza un reale consenso intorno ai principi e alle procedure di sicurezza, riuscire a mitigare o limitare gli elevati rischi correlati a tale attività può diventare un’impresa.
Ma in che modo una organizzazione può riuscire ad ottenere tale “consenso” tra i suoi dipendenti? Alcune soluzioni si rivelano estremamente efficaci.
Come si costruisce una cultura della sicurezza ideale
Nella realtà non esiste una cultura della sicurezza perfetta, ma può esistere una cultura della sicurezza da prendere a modello come riferimento ideale all’interno dell’organizzazione.
In passato, un approccio importante e funzionale adottato dalle aziende ha riguardato la possibilità di migliorare la sicurezza direttamente all’interno degli ambienti di lavoro. Questo si è tradotto in un insieme di soluzioni finalizzate alla riduzione dei rischi, alla maggiore dotazione di dispositivi di protezione individuale e all’incremento di procedure che standardizzassero pratiche e comportamenti all’interno di una organizzazione.
Queste strategie hanno senza dubbio contribuito al miglioramento della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro. Più di recente, però, si è sviluppata la convinzione che tali soluzioni fossero efficaci in modo non risolutivo e che fosse necessario sviluppare una prospettiva della sicurezza più ampia nella quale far convergere fattori integrati quali la Leadership, i Sistemi, i Comportamenti, il Coinvolgimento del dipendente, i Fattori personali interni e l’Ambiente fisico.
Come gestire in modo efficace il rischio età
Nei paesi occidentali l’invecchiamento della popolazione e, di conseguenza, dei lavoratori continua a crescere. Da un lato, il miglioramento delle condizioni di salute consente di allungare la durata media della vita di ciascun individuo. Dall’altro, la situazione di incertezza presente nel mondo del lavoro rende discontinue le carriere professionali, costringendo molti lavoratori a continuare a lavorare.
Le conseguenze di questo fenomeno sono molteplici: al crescere dell’età diminuiscono gli incidenti sul lavoro, tuttavia – quando si verificano – gli incidenti hanno più probabilità di essere mortali per le persone con un’età vicina ai 60 anni.
L’invecchiamento, però, porta con sé benefici importanti come la riduzione dell’assenteismo, un’etica del lavoro consolidata, una maggiore esperienza e la possibilità di trasferire le competenze in un contesto multigenerazionale. Come riuscire, dunque, a gestire al meglio il rischio età in un contesto organizzativo?
Come calcolare i costi di un incidente sul lavoro
Ogni volta che ha luogo un incidente sul lavoro è importante analizzare e comprendere quali fattori abbiano contribuito al suo verificarsi al fine di adottare le misure più corrette per prevenire e mitigare i relativi rischi in futuro.
Oltre a questo, però, è cruciale misurare in modo corretto i costi correlati al fenomeno, al fine di ottenere dai decision makers il miglior supporto possibile nella pianificazione e attuazione delle azioni di contrasto più efficaci.
Ma quali costi vanno inclusi nell’analisi? Naturalmente, i primi costi ad essere calcolati perché più semplici da misurare sono quelli diretti, strettamente legati all’incidente. Più difficile, invece, è misurare quelli indiretti, i quali – proprio perché non direttamente riconducibili all’infortunio – rischiano di essere sottovalutati o, in alcuni casi, ignorati.
Come eliminare i bias cognitivi dalle decisioni assunte nel campo della sicurezza
Prendere una decisione non è mai semplice, soprattutto quando l’azione che abbiamo scelto di intraprendere, consapevolmente o meno, ha conseguenze dirette sulla nostra salute e su quella delle persone che lavorano al nostro fianco. Ogni giorno un individuo medio prende dalle 2.000 alle 10.000 decisioni. Dal momento che il nostro cervello non può analizzare ogni singolo dettaglio di ogni singola scelta, ricorre a vere e proprie scorciatoie che sono state definite “bias cognitivi”.
In pratica, i bias cognitivi funzionano sulla base delle informazioni acquisite da eventi accaduti in passato evitando, in questo modo, di dover analizzare di nuovo ogni singolo aspetto. E’ evidente quanto questa strategia sia utile in termini di risparmio cognitivo. Al tempo stesso, però, può indurre in errore con conseguenze potenzialmente drammatiche. Ad esempio, si può considerare altamente improbabile un fenomeno che presenta rischi catastrofici perché accaduto di rado.
Ma come riuscire a mitigare le conseguenze dei bias cognitivi? E’ importante individuarli, così da comprendere l’impatto che essi possono avere sul nostro processo decisionale in ambito sicurezza. Inoltre, è cruciale l’adozione di approcci condivisi a livello organizzativo.
Formazione
Gli 8 errori da evitare nella formazione online
Uno degli strumenti più efficaci per aumentare la sicurezza e imparare a gestire i rischi sul lavoro è rappresentato dalla formazione in presenza e a distanza. Essendo una formazione obbligatoria, però, il rischio che si corre è non riuscire a trasformare l’attività formativa in un processo davvero utile per l’health & safety.
In particolare ma non solo quando ci si confronta con il training online, si può incorrere in alcuni errori o valutazioni inesatte che possono minare l’efficacia della formazione a distanza.
Se non adeguatamente affrontati, tali aspetti negativi rischiano appunto di indebolire i benefici dell’attività formativa, con conseguenze significative sia in termini economici (es. i costi sostenuti dall’organizzazione per la gestione dei corsi, il tempo impegnato dai lavoratori) sia in termini di salute e sicurezza nel breve e medio periodo.
Sapersi confrontare con queste 8 problematicità si rivela dunque fondamentale.
Quando la formazione sulla sicurezza è efficace?
Nel campo della sicurezza la formazione rappresenta uno degli strumenti più importanti per aumentare le competenze e le abilità dei lavoratori, rendendo la loro attività professionale più sicura.
Tra gli elementi da considerare non si può ovviamente trascurare l’effettiva efficacia della formazione. Il punto è come riuscire a verificare se un corso ha raggiunto gli scopi prefissati e se, dunque, il corsista è riuscito a compiere una determinata azione di sicurezza in modo nuovo o migliore rispetto al passato.
Uno dei criteri, quindi, per valutare l’efficacia formativa è la maggiore o minore abilità dimostrata dal partecipante nel compiere l’attività su cui si è focalizzato il corso stesso.
Strategie per rendere più efficace la formazione sulla sicurezza
I corsi di formazione rappresentano un momento determinante nel programma di salute e sicurezza di un’azienda. Infatti una formazione ben strutturata ed organizzata crea le condizioni per dipendenti più consapevoli dei rischi e più attrezzati alla gestione degli eventi critici negli ambienti di lavoro.
Non sempre, però, la formazione è organizzata in modo da favorire l’interesse e il coinvolgimento dei professionisti. Esistono, tuttavia, alcune soluzioni che è possibile adottare per trasformare un corso “obbligatorio” in un momento formativo utile e memorabile.
Una delle strategie che può essere messa in campo si fonda sulla logica dei giochi, una soluzione molto apprezzata che utilizziamo anche noi con i nostri clienti e che consente al partecipante di sperimentare e simulare, attraverso appunto il gioco, il proprio ruolo, la propria funzione e le proprie capacità di gestione del rischio. Ma sono diverse le soluzioni che possono essere utilizzate.
La formazione è più efficace se viene subito messa in pratica
E’ risaputo che un’attività formativa riesce ad essere più efficace quando le informazioni che veicola sono immediatamente applicate nella vita professionale di tutti i giorni. Ora, uno studio certifica che il 75% dei contenuti appresi sarà dimenticato già dopo 6 giorni qualora non venga tradotto in azioni concrete.
Questo risultato non certifica, naturalmente, l’inutilità del processo formativo in quanto tale, ma indica chiaramente come ogni organizzazione che decida di aggiornare le competenze dei propri dipendenti debba inserire quell’attività all’interno di un progetto strategico coordinato e condiviso.
In questo senso, dunque, la scelta di un aggiornamento formativo, sempre più necessario in un contesto lavorativo come quello attuale caratterizzato da rapidi e continui cambiamenti, va valutata nella sua applicabilità, con feedback costanti finalizzati alla verifica delle nozioni effettivamente apprese.
Le 4 strategie per acquisire nuove competenze
Uno dei fattori che più caratterizza l’attività e il percorso professionale di un individuo è la formazione costante e l’acquisizione di nuove competenze per non rimanere indietro rispetto ad un mondo lavorativo che si evolve rapidamente. Tuttavia apprendere non è sempre semplice.
Si possono individuare almeno 4 strategie per riuscire ad acquisire nuove competenze in modo efficace. Focalizzarsi sulle competenze di recente sviluppo è un primo passo importante perché può assicurare al professionista la capacità di essere e dimostrarsi innovativo. Condividere il processo di acquisizione con altri soggetti, non limitandosi a seguire individualmente corsi online.
Mettere subito alla prova le competenze acquisite, in modo da sperimentare direttamente quanto si è appreso, favorendo in questo modo anche il processo di memorizzazione. Porsi un obiettivo chiaro, in modo da non disperdere o minare le proprie motivazioni.
Ambienti di lavoro
Quanto è importante il riconoscimento della dignità sul lavoro
La salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro possono essere perseguite in molteplici modi e attraverso differenti strategie di intervento. Focalizzarsi sulle misure da realizzare per mettere in sicurezza un ambiente di lavoro è, naturalmente, fondamentale oltre che, in determinati casi, previsto dalla stessa normativa.
Una migliore gestione dei rischi e l’adozione di comportamenti più sicuri sono azioni più facilmente perseguibili quando, in un ambiente lavorativo, il benessere individuale e la qualità del lavoro sono riconosciuti e legittimati come obiettivi da raggiungere quotidianamente.
In questo senso, la dignità, intesa come l’insieme di fattori quali la stima, il rispetto, il riconoscimento del proprio valore, rappresenta lo strumento concreto attraverso il quale è possibile sviluppare e consolidare una cultura organizzativa della salute e della sicurezza.
Secondo diversi studi, infatti, nelle aziende in cui è maggiore il riconoscimento della dignità, si registra un maggiore engagement tra i dipendenti, con un più alto livello di coinvolgimento sia nelle attività professionali quotidiane che negli obiettivi aziendali.
Perché molte iniziative di cambiamento non raggiungono i risultati attesi
In molte organizzazioni la disponibilità al cambiamento rappresenta un fattore di crescita significativa. Tuttavia, secondo diversi studi, molte delle iniziative (anche legate alla sicurezza dei luoghi di lavoro) intraprese per modificare una determinata situazione o realtà all’interno delle imprese non riescono a raggiungere i risultati attesi.
Le ragioni di questa situazione sono molteplici. Da un lato, sebbene in molte aziende i manager vengano formati per riuscire a gestire i processi di cambiamento, solo il 20% di loro si dichiara soddisfatto della formazione ricevuta. Solo metà dei dipendenti, inoltre, ritiene che le iniziative intraprese abbiano raggiunto gli obiettivi stabiliti, e in misura minore pensano che i vantaggi verranno sostenuti nel tempo.
Sulla base di queste valutazioni, quali sono gli aspetti su cui le organizzazioni devono intervenire per rendere più efficaci le iniziative di cambiamento nei luoghi di lavoro?
Come cambieranno i luoghi di lavoro dopo l’emergenza pandemica
Uno degli effetti più significativi dell’emergenza pandemica, le cui ricadute saranno più evidenti nei prossimi mesi ed anni, è il ripensamento degli ambienti di lavoro e, di riflesso, il relativo aggiornamento delle politiche di sicurezza da mettere in campo.
Rispetto al periodo pre-pandemico, nel quale il luogo di lavoro rappresentava il nodo centrale di un sistema di spostamenti, la situazione attuale ha imposto un cambiamento prima di tutto prospettico che impatterà sul design dell’ambiente lavorativo e sulla gestione della sicurezza.
Come già sta accadendo in seguito all’adozione rapida e diffusa dello smart working, i luoghi di lavoro si stanno trasformando in un vero e proprio ecosistema, tecnologicamente interconnesso e maggiormente integrato. Ma in concreto quali saranno, presumibilmente, i principali cambiamenti che interesseranno gli ambienti di lavoro?
Perché coinvolgere i lavoratori aumenta la sicurezza
Non è raro che i professionisti possano sentirsi poco coinvolti all’interno dell’organizzazione per cui lavorano e gli effetti di questo fenomeno non sono assolutamente trascurabili.
Infatti se i lavoratori non sono completamente “ingaggiati” nelle soluzioni, ad esempio sulla sicurezza, messe in atto in azienda, è alto il rischio che possano sentire una minore preoccupazione verso l’esito delle proprie azioni e che possano credere meno nel successo futuro della stessa organizzazione.
Tale forma di “disimpegno” influenza le attività quotidiane in modo significato. Secondo diversi studi, infatti, i professionisti con un minor livello di coinvolgimento hanno percentuali di elevate in termini di assenteismo (37% in più), di incidenti (49% in più) e di errori (60% in più). Ciò si traduce, inevitabilmente, in una minore produttività.
Ma quali sono in concreto le strategie che un’organizzazione può adottare per coinvolgere in modo più efficace i propri professionisti?
Come essere in disaccordo sul lavoro senza essere divisivi
La comunicazione e i rapporti interpersonali costituiscono fattori centrali per il benessere dei lavoratori e per il successo di una organizzazione. Tuttavia può accadere che vengano trascurati perché ritenuti secondari o marginali.
Un elemento senza dubbio centrale nelle relazioni professionali è rappresentato dalla gestione dei conflitti e, più in particolare, dall’essere o meno in disaccordo su questioni rilevanti. Quando si hanno punti di vista inconciliabili, la tendenza naturale è evitare di avere una conversazione con l’altro oppure tentare di convincerlo della bontà della propria opinione.
Diverse ricerche mostrano, in realtà, che esiste un modo migliore per affrontare e superare il conflitto: mostrarsi davvero interessati alla prospettiva dell’altro anche se non è conciliante con la nostra. Come riuscire, però, ad apprendere e a sviluppare questo approccio?
Come aiutare il personale medico a recuperare dall’emergenza pandemica
Il personale medico ed infermieristico è stato senza dubbio una delle categorie professionali più colpite dall’emergenza pandemica, sia in termini di infezioni che di carichi di lavoro, che ha sottoposto la categoria ad un maggiore rischio stress e burnout.
Proprio per questo motivo è importante che, in un periodo di minori sollecitazioni per il sistema sanitario, vengano messe in atto alcune soluzioni in grado di permettere al personale coinvolto di recuperare uno stato psico-fisico ottimale.
Il recupero fisico può essere favorito e stimolato consentendo ai dipendenti coinvolti di poter beneficiare di periodi temporanei di assenza dal lavoro, di cambi di ruolo momentanei, di un carico di lavoro inferiore e più rilassante. Diverso è il discorso per le azioni da intraprendere per la gestione del recupero emotivo e psicologico.
Ritorno in ufficio: come integrare le nuove pratiche con le vecchie abitudini
L’emergenza pandemica ha accelerato l’evoluzione e la trasformazione degli ambienti di lavoro, spingendo le organizzazioni ad adottare lo smart working in modo diffuso e a ripensare, in parte, la strutturazione dei propri luoghi lavorativi. Alcuni dei cambiamenti introdotti hanno permesso di affrontare l’emergenza in modo proattivo.
Ora che il ritorno in ufficio è più vicino, però, è opportuno per le aziende capire quali delle soluzioni adottate durante la crisi si siano rivelate più efficaci. Questa valutazione non è semplice da realizzare, anche perché gli effetti non sono tutti visibili, ma è necessaria per continuare a cambiare in meglio.
La maggiore difficoltà che si prospetta è come integrare le nuove pratiche nelle precedenti abitudini. Per fare questo però, ci sono delle soluzioni che possono essere adottate al fine di sfruttare nel modo migliore le implicazioni positive di questo cambiamento epocale in atto.
La comunicazione più efficace per salvaguardare la sicurezza sul lavoro
E’ ormai risaputo che una comunicazione efficace all’interno di un’azienda rappresenta uno degli strumenti più importanti per incrementare il livello di salute e sicurezza degli ambienti di lavoro. Non sempre però in una organizzazione si riesce a soddisfare tale requisito comunicativo.
Infatti, come già riscontrato e confermato in più occasioni da diverse ricerche, spesso i dipendenti che osservano comportamenti a rischio preferiscono rimanere in silenzio o non sollevare il problema anche se sono consapevoli che dovrebbero agire in qualche modo. La ragione di tale scelta è semplice: il loro feedback su questioni di sicurezza potrebbe causare conflitti di natura interpersonale.
Ciò succede quando il loro campo di azione professionale non ha a che fare con la sicurezza o nel momento in cui si ha il timore di confrontarsi con colleghi più esperti. Esistono però specifiche strategie di comunicazione che possono essere adottate per superare questo problema.
Perché l’eccesso di lavoro è deleterio sia per l’azienda che per il dipendente
Il lavoro è una componente fondamentale dell’essere umano, il quale proprio attraverso l’attività professionale riesce a costruire e a definire la propria identità. L’eccesso di lavoro (overwork in inglese) sembrerebbe rivelarsi utile, in apparenza, nel contribuire a tale processo identitario. In realtà, come suggeriscono numerose ricerche, la situazione è completamente diversa.
Infatti, il troppo lavoro non è utile né per l’organizzazione né per il dipendente. I motivi sono molteplici. In alcune aziende, ad esempio, l’overwork non è premiato tanto sulla base dei risultati raggiunti dal dipendente, quanto sull’evidenza di aver lavorato in eccesso.
Inoltre non sono assolutamente da trascurare i problemi di natura psico-fisica che il troppo lavoro è in grado di produrre nel medio-lungo periodo, impattando prima sul dipendente e poi, a causa delle assenze e della ridotta produttività, sulla organizzazione nella sua interezza. Gli effetti negativi dell’overwork, però, non finiscono qui.
Come riuscire a risolvere un problema complesso sul lavoro
Sul lavoro non è così infrequente la possibilità di confrontarsi con problemi di difficile risoluzione. Molto spesso le stesse modalità utilizzate per definire e spiegare una questione complessa influenzeranno il modo in cui si procederà ad affrontarla e a risolverla.
In altri termini, le parole che scegliamo per descrivere il problema si rivelano decisive nella sua risoluzione. Ciò può avvenire sia in positivo (contribuendo al successo) che in negativo (con ritardi o impedimenti). Per questo la scelta delle parole non può essere casuale ma è opportuno che si basi su un’attenta valutazione.
In questo senso, bisogna prima di tutto chiarire quale sia l’oggetto del problema. Porre attenzione al benessere dei dipendenti o ai costi modifica totalmente la natura della soluzione messa in campo. In secondo luogo, un ruolo altrettanto significativo è giocato dagli stessi strumenti e indicatori che vengono adottati per misurare il problema e il successo di una soluzione. Quindi cosa è opportuno fare?
I team più performanti hanno maggiore sicurezza psicologica
Un fenomeno che diversi giganti appartenenti al mondo tecnologico (come ad esempio Google) hanno sperimentato negli ultimi anni rivela come i team con performance più elevate condividano tutti una caratteristica:
- la sicurezza psicologica, vale a dire la convinzione che non si verrà puniti o sanzionati qualora si dovesse incorrere in errori o sbagli.
Diverse ricerche sul tema rivelano come la sicurezza psicologica costituisca un fattore assolutamente rilevante per i membri di una organizzazione, i quali sono portati ad assumere rischi in modo moderato, ad esprimersi ed agire liberamente senza il timore di essere, per questo, colpevolizzati. In questo modo, l’azienda può davvero riuscire a tirare fuori il meglio dai propri dipendenti, salvaguardandone al tempo stesso la salute e il benessere.
Perché gli ambienti di lavoro positivi sono più produttivi
E’ ormai confermato da numerose ricerche sul tema che un ambiente di lavoro positivo genera, nelle aziende, sia una maggiore produttività che redditività. Infatti quando il clima all’interno dell’organizzazione è favorevole, i dipendenti sono più portati ad essere e a sentirsi coinvolti nelle iniziative aziendali, con risultati professionali migliori.
In concreto, le imprese dove l’ambiente di lavoro è positivo registrano un 40% in meno di assenteismo e un incremento del 20% nella produttività, con minori livelli di turnover.
Da tutto ciò ne deriva un vantaggio competitivo non indifferente rispetto alle organizzazioni concorrenti nelle quali il grado di soddisfazione dei dipendenti è limitato. Non a caso, un numero crescente di aziende si sta focalizzando sempre di più sul benessere dei propri dipendenti.
Promozione della salute
La salute e il benessere in un ambiente di lavoro multiculturale
Gli ambienti di lavoro hanno visto crescere nel corso degli anni la presenza di una forza lavoro multiculturale. Il fenomeno ha contribuito ad ampliare e ridefinire le necessità e i bisogni dei lavoratori, ma non sempre le politiche messe in campo nell’ambito della salute in azienda sono riuscite a soddisfare le istanze di un multiculturalismo più diffuso.
In particolare, a causa dell’emergenza pandemica, la salute e il benessere sul lavoro sono state messe fortemente sotto pressione, con conseguenze più significative sui lavoratori più esposti e più deboli sul piano economico e sociale.
In questo senso, adeguati piani di prevenzione e promozione della salute in azienda possono rappresentare uno strumento cruciale per aumentare il benessere, ancora di più in contesti multiculturali.
Perché la ventilazione negli ambienti di lavoro è importante per la salute
Con l’emergenza pandemica correlata alla diffusione del Covid-19, i luoghi di lavoro hanno visto l’introduzione e il consolidamento di una serie di misure finalizzate al contrasto delle infezioni. Oltre alla sanificazione, particolare attenzione è stata dedicata ad una corretta ventilazione degli ambienti chiusi. Infatti, come confermato da numerosi studi, tale soluzione, unita all’utilizzo delle mascherine, si rivela molto efficace nel limitare la diffusione del virus.
Tuttavia, il ricorso alla ventilazione negli ambienti di lavoro non è importante soltanto in questa fase emergenziale. Infatti è stato osservato come determinate situazioni, caratterizzate da un’elevata presenza di persone in spazi non adeguatamente arieggiati (riunioni affollate, conferenze etc.), i livelli di CO2 aumentino ben oltre i limiti raccomandati con effetti deleteri per la salute dei partecipanti.
Work Life Balance
Il rapporto tra lavoro e vita familiare rimane basato su un equilibrio sottile, nonostante il rapido e diffuso ricorso allo smart working. Infatti, come mostrato da recenti ricerche sul tema, il rischio di incorrere nello stress lavoro correlato e nel burnout è aumentato dall’inizio dell’emergenza pandemica.
Una delle difficoltà con cui si scontrano molti professionisti è la gestione dell’eccesso di lavoro, che rende meno sostenibile l’attività professionale e la vita familiare. Nell’articolo, che si basa su interviste condotte a manager di importanti multinazionali, viene sottolineato come pochi tra questi siano in grado di resistere alla pressione che deriva dalle richieste lavorative.
Proprio partendo da queste basi, gli autori chiariscono come il work-life balance non sia un traguardo da raggiungere una volta per tutte, ma piuttosto un ciclo nel quale il professionista riconsidera continuamente le proprie esigenze e i propri bisogni, adattando il lavoro e le scelte familiari proprio sulla base delle mutate condizioni personali.
Come sviluppare la resilienza sul lavoro
Resilienza è stato con ogni probabilità uno dei termini più utilizzati (e forse più abusati) nel 2020. Naturalmente non è un concetto nuovo né inedito, ma non sorprende che abbia subito un incremento significativo in seguito allo scoppio dell’emergenza pandemica e ai cambiamenti apportati dal Covid-19 alle nostre abitudini e alla nostra vita.
Resilienza indica, in ambito psicologico, la capacità di un individuo di adattarsi e di rispondere in modo proattivo all’esito imprevisto di un evento più o meno noto. In altri termini, essere resilienti significa accettare il fallimento, riconoscere la situazione per quello che effettivamente è, imparare dai propri errori e ripartire.
I benefici della resilienza anche in ambito professionale sono evidenti. Tuttavia le capacità correlate alla resilienza non sono acquisite in quanto tali, ma vanno allenate e sviluppate. E’ importante, però, capire come.
Tecnologia e sicurezza
Quali sono gli effetti dell’uso della video camera nelle riunioni virtuali
Una delle trasformazioni più significative favorita dal Covid-19 ha senza dubbio riguardato lo sviluppo e il consolidamento del lavoro da remoto, un fenomeno già presente prima dell’emergenza pandemica ma diventato una realtà strutturata e diffusa solo dopo lo scoppio della pandemia.
Il lavoro a distanza, inevitabilmente, ha sostituito almeno in parte gli incontri face-to-face con le riunioni virtuali, generando una crescente attenzione anche nell’opinione pubblica verso un fenomeno definito “virtual meeting fatigue”, vale a dire il senso di stanchezza e mancanza di energie correlato ad un numero elevato di riunioni virtuali nell’arco della giornata.
Ora, secondo un recente studio, spegnere la telecamera durante un meeting online non solo non si configura come una forma di disimpegno o indifferenza, ma favorisce l’engagement e riduce la stanchezza, prevenendo il burnout e stimolando una maggiore attenzione.
Qual è l’impatto dell’intelligenza artificiale (AI) sulla sicurezza
Le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale (AI) sono già evidenti nella nostra vita quotidiana. Infatti, dispositivi tecnologici di tipo domestico o indossabili come gli orologi digitali rappresentano dei veri e propri assistenti personali a supporto di ciascun individuo.
Nel campo della sicurezza e nei luoghi di lavoro, l’Intelligenza Artificiale può operare in modalità peculiari ma per certi versi similari. In questo caso, infatti, AI può fornire assistenza sia ai lavoratori impegnati in determinate attività a rischio che ai datori di lavoro, fornendo una quantità straordinaria di informazioni.
L’Intelligenza Artificiale, nelle sue molteplici forme (dal machine learning al natural language processing), consente non solo di supportare l’attore nell’esatto momento in cui è richiesto un intervento, ma anche di individuare modelli di azione a rischio, raccogliendo e analizzando milioni di dati in pochi istanti.
In concreto, dunque, l’Intelligenza Artificiale può davvero intervenire per mitigare i rischi, ma perché questo accada è necessario raccogliere i dati corretti funzionali all’analisi. Come riuscirci?
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