I contenuti riportati qui di seguito sono tratti dal Capitolo 7, La sorveglianza sanitaria correlata al Covid-19, scritto da Fulvio D’Orsi, Direttore Scientifico di Igeamed, Piero Patanè, Danilo Bontadi e Gilberto Boschiroli, ANMA, e pubblicato all’interno del testo, Una sintesi dei contributi delle Associazioni di CIIP in occasione dell’emergenza COVID-19, disponibile al seguente link.
Covid-19 e sorveglianza sanitaria
Con la diffusione del Covid-19 sono inevitabilmente cambiate alcune delle misure che definiscono l’attività di sorveglianza sanitaria nei luoghi di lavoro.
In questa fase, la sorveglianza sanitaria si pone l’obiettivo di accompagnare le persone nel rientro al lavoro, sia valutando l’idoneità lavorativa, in particolare, dei soggetti ipersuscettibili, sia attuando azioni in stretta sinergia con i Medici di Medicina Generale (MMG) e gli organi di sanità pubblica.
L’attività di sorveglianza sanitaria si rivela determinante per:
- evitare che un lavoratore diffonda il contagio in azienda;
- prevenire lo sviluppo di focolai epidemici dal luogo di lavoro, tutelando sia la salute del lavoratore, sia la collettività.
In questo senso, sono diverse le disposizioni normative che hanno definito in modo più puntuale le misure della sorveglianza sanitaria correlate al Covid-19:
- Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro del 24 aprile 2020, allegato al DPCM del 17.5.2020.
- Documento tecnico sulla possibile rimodulazione delle misure di contenimento del contagio da SARS-Cov-2 nei luoghi di lavoro e strategie di prevenzione, approvato dal Comitato Tecnico Scientifico e pubblicato dall’INAIL il 23 aprile 2020.
- DL n. 34 del 19 maggio 2020 convertito con modificazioni dalla L. 17 luglio 2020 n. 77.
- Circolare del Ministero della Salute n. 14915 del 29 aprile 2020.
- DL 83 del 30 luglio 2020.
- Circolare del Ministero della salute e del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali n. 13 del 4 settembre 2020.
- Nota del Ministero dell’Istruzione ai dirigenti scolastici n. 1585 del’11 settembre 2020.
Come cambia la gestione della sorveglianza sanitaria
Nella prima fase della pandemia, alcune raccomandazioni chiedevano:
- di differire la sorveglianza sanitaria al pari di tutte le prestazioni sanitarie di carattere non urgente e soprattutto non di tipo clinico-diagnostico;
- nei casi urgenti, di sostituire la visita medica con un colloquio clinico-anamnestico da remoto, unito all’esame di documentazione sanitaria già esistente.
Nella fase attuale tali indicazioni possono essere ritenute superate, e non soltanto perché stiamo vivendo una situazione pandemica differente. In realtà, la sorveglianza sanitaria rappresenta uno degli strumenti più efficaci per accompagnare il rientro dei lavoratori e favorire una ripresa sicura del lavoro.
Questo però richiede una riorganizzazione nelle procedure e nei contenuti, per fare in modo che l’attività di sorveglianza sanitaria sia in grado di rispondere alle problematiche del periodo di emergenza che stiamo attraversando.
Sorveglianza sanitaria
Uno degli strumenti più efficaci per accompagnare il rientro dei lavoratori e favorire una ripresa sicura del lavoro
Visite urgenti
- Visite preventive/preassuntive
- Visite su richiesta
- Visite da rientro
Accertamenti da evitare
Gli accertamenti diagnostici che possono maggiormente esporre al rischio di contagio (es. esami spirometrici e test alcolimetrici)
Covid-19: Igeam al fianco delle imprese
Per supportare le organizzazioni in questa fase così delicata, abbiamo messo a disposizione il nostro know how nel campo della medicina e della sorveglianza sanitaria e della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Le visite urgenti e quelle differibili
La Circolare 14915 del Ministero della salute, emanata in aprile, indicava la possibilità di differire le visite mediche periodiche (art. 41, comma1, lettera b) e le visite di fine rapporto di lavoro (art. 41, comma 1, lettera e) a dopo il 31 luglio 2020. La successiva Circolare n. 13, emanata in settembre, raccomanda nella fase attuale di tendere gradualmente al ripristino della sorveglianza sanitaria, a condizione che sia consentito operare nel rispetto delle misure igieniche e tenendo conto dell’andamento epidemiologico locale.
Nella fase attuale, le visite periodiche e di fine rapporto possono ancora essere differite, secondo la valutazione del medico. In particolare, è preferibile rimandare le visite periodiche che prevedono scadenza più lunghe, riguardanti soggetti con piena idoneità, appartenenti alle fasce di età più giovani.
Sono considerate invece urgenti e non differibili:
- le visite preventive/preassuntive (art. 41 comma 1 lettera a ed e-bis);
- le visite su richiesta (lettera c);
- le visite da rientro (lettera e-ter).
Nel caso di visite per cambio mansione (lettera d), l’urgenza è da valutare in relazione alle condizioni del lavoratore e alla differenza di esposizione ai rischi lavorativi rispetto alla mansione già ricoperta.
Ad ogni modo, i lavoratori che vanno prioritariamente esaminati sono i soggetti con età superiore a 55 anni, portatori di patologie, idonei con limitazioni/prescrizioni, anche per quanto attiene agli aspetti di ipersuscettibilità.
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Come svolgere le visite
Secondo le circolari che abbiamo citato, le visite mediche non possono essere eseguite a distanza e devono necessariamente prevedere il contatto diretto tra il medico e il lavoratore. Questo significa che devono essere effettuate in condizioni tali da minimizzare il rischio di diffusione del contagio.
Non a caso, la Circolare 13:
- raccomanda di evitare l’affollamento nella sala di attesa;
- vieta di presentarsi a visita con febbre o sintomi respiratori anche lievi;
- raccomanda al lavoratore di indossare la mascherina in sala d’attesa e durante la visita;
- richiede un’adeguata igiene delle mani.
Sono invece da evitare gli accertamenti diagnostici che possono maggiormente esporre al rischio di contagio, quali esami spirometrici e test alcolimetrici (per la forte emissione di droplet e possibile formazione di aerosol). L’effettuazione di questi esami richiede la possibilità di applicare misure preventive e DPI adottati in ambito ospedaliero per procedure analoghe.
Anche gli accertamenti diagnostici integrativi apparentemente meno rischiosi, come ad esempio visiotest, audiometrie e drug test, devono essere eseguiti con idonee cautele (uso della mascherina da parte del paziente, disinfezione delle attrezzature tra un soggetto e l’altro, ecc.) o, in alternativa, differiti.
La gestione del rientro al lavoro
Il Ministero della Salute ha aggiornato i criteri per il rientro al lavoro in caso di assenza per malattia correlata al Covid-19, fornendo indicazioni procedurali sulla riammissione in servizio sulla certificazione che il lavoratore deve produrre al datore di lavoro.
Il documento del Ministero è stato stilato sulla base della normativa vigente a livello nazionale e del “Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro” siglato il 6 aprile 2021.
CASISTICA
Lavoratori positivi con sintomi gravi e ricovero
CRITERI PER IL RIENTRO A LAVORO
- Il medico competente effettua la visita medica prevista dall’art.41, c. 2 lett. e-ter del D.lgs. 81/08 e s.m.i (quella precedente alla ripresa del lavoro a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi).
- I lavoratori che sono stati affetti da Covid-19 per i quali è stato necessario un ricovero ospedaliero, devono presentare prima della vista la certificazione di avvenuta negativizzazione secondo le modalità previste dalla normativa vigente.
- La visita è finalizzata alla verifica dell’idoneità alla mansione – anche per valutare profili specifici di rischiosità – indipendentemente dalla durata dell’assenza per malattia.
CASISTICA
Lavoratori positivi sintomatici
CRITERI PER IL RIENTRO A LAVORO
I lavoratori risultati positivi e che presentano sintomi di malattia (diversi da quelli previsti al punto A) possono rientrare in servizio:
- dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi (non considerando anosmia e ageusia/disgeusia che possono avere prolungata persistenza nel tempo)
- e l’effettuazione di un test molecolare con riscontro negativo eseguito dopo almeno 3 giorni senza sintomi (10 giorni, di cui almeno 3 giorni senza sintomi + test).
CASISTICA
Lavoratori positivi asintomatici
CRITERI PER IL RIENTRO A LAVORO
- I lavoratori positivi ma asintomatici per tutto il periodo possono rientrare al lavoro dopo un periodo di isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa della positività, al termine del quale risulti eseguito un test molecolare con risultato negativo (10 giorni + test).
- Il lavoratore di cui alle lettere B) e C), ai fini del reintegro, invia al datore di lavoro attraverso il medico competente la certificazione di avvenuta negativizzazione, secondo le modalità previste dalla normativa vigente.
- Anche i lavoratori positivi la cui guarigione sia stata certificata da tampone negativo, che abbiano contemporaneamente nel proprio nucleo familiare convivente casi ancora positivi, possono essere riammessi in servizio.
CASISTICA
Lavoratori positivi a lungo termine
CRITERI PER IL RIENTRO A LAVORO
- I lavoratori positivi oltre il ventunesimo giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario.
- Il lavoratore dovrà inviare tale referto, anche in modalità telematica, al datore di lavoro attraverso il medico competente.
- Il periodo che intercorre eventualmente tra il rilascio dell’attestazione di fine isolamento ai sensi della Circolare del 12 ottobre e la negativizzazione, nel caso in cui il lavoratore non possa essere adibito a modalità di lavoro agile, dovrà essere coperto da un certificato di prolungamento della malattia rilasciato dal medico curante.
CASISTICA
Lavoratore contatto stretto asintomatico
CRITERI PER IL RIENTRO A LAVORO
- Il lavoratore che sia un contatto stretto di un caso positivo, informa il proprio medico curante che rilascia la relativa certificazione medica di malattia salvo che il lavoratore stesso non possa essere collocato in regime di lavoro agile (cfr. messaggio Inps n. 3653 del 9 ottobre 2020).
- Per la riammissione in servizio, il lavoratore dopo aver effettuato una quarantena di 10 giorni dall’ultimo contatto con il caso positivo si sottopone all’esecuzione del tampone. Il referto di negatività del tampone molecolare o antigenico è trasmesso dal Dipartimento di Sanità Pubblica o dal laboratorio dove il test è stato effettuato al lavoratore che ne informa il datore di lavoro per il tramite del medico competente, ove nominato.
Lavoratori fragili
Alla luce dell’emergenza Covid-19, Inail ha di recente attivato un servizio specifico per la sorveglianza sanitaria (eccezionale) dei lavoratori fragili.
I test diagnostici
Il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro del 24 aprile 2020” prevede che il medico competente possa adottare nella sorveglianza sanitaria “mezzi diagnostici utili al fine del contenimento della diffusione del virus e della salute del lavoratore”.
Purtroppo, però, ad oggi non sono disponibili strumenti diagnostici che rispondano appieno a queste esigenze.
I test diagnostici che vengono adottati più diffusamente sono principalmente di due tipi:
- Test di diagnosi molecolare che rilevano il virus nelle secrezioni respiratorie attraverso metodi di RT-PCR (metodica molecolare rapida) per amplificazione di geni virali (tampone rino-faringeo).
- Test sierologici che rilevano gli anticorpi IgG e IgM specifici verso il virus SARSCoV-2. I test sierologici a loro volta sono di due tipi, quelli rapidi e quelli quantitativi o semi-quantitativi.
Ad oggi la diagnosi di Covid-19 poggia unicamente sul risultato del tampone-nasofaringeo, unico strumento diagnostico riconosciuto e validato, con alta specificità, ma con una sensibilità che varia dal 66 al 74% in fase pre-analitica.
Secondo il parere espresso dal Comitato tecnico scientifico istituito presso il Dipartimento di Protezione civile, i test sierologici non possono, allo stato attuale dell’evoluzione tecnologica, sostituire il test molecolare basato sull’identificazione di RNA virale dai tamponi nasofaringei, secondo i protocolli indicati dall’OMS.
L’uso dei test sierologici è quindi attualmente raccomandato soprattutto nella ricerca e nella valutazione epidemiologica della circolazione virale, in quanto può evidenziare a posteriori l’avvenuta esposizione al virus anche in soggetti asintomatici o paucisintomatici, consentendo di stimare la diffusione dell’infezione in una comunità e per definire più compiutamente il tasso di letalità dell’infezione virale rispetto al numero di pazienti contagiati.
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