La presenza di sostanze pericolose in un ambiente di lavoro è una questione che coinvolge un numero elevato di organizzazioni. I dati a livello europeo dimostrano come le sostanze chimiche e quelle cancerogeni continuino a rappresentare, tra i lavoratori, una causa rilevante di malattia e decesso.
Alla luce dell’importanza del fenomeno, EU-OSHA ha lanciato una campagna biennale (2018-2019) a livello internazionale con l’esplicito obiettivo di:
EU-OSHA, inoltre, ha messo a disposizione degli utenti un e-tool gratuito, utile per testare la correttezza delle proprie attività nel processo di gestione e trattamento delle sostanze e dei prodotti chimici.
In attesa di capire se la campagna riuscirà a raggiungere i suoi scopi, è importante comprendere non solo il tipo di rischio associato alle sostanze pericolose ma anche la tipologia di lavoratore potenzialmente più a rischio di esposizione.
Il tema è fondamentale e la sua centralità per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro è confermata anche dalla recente modifica legislativa al D.Lgs 81/08 introdotta nel campo degli agenti cancerogeni e mutageni.
Un importante aggiornamento è stato apportato al Decreto legislativo 81/08 e, in particolare, all’ambito riguardante gli agenti cancerogeni e mutageni.
Come si può leggere sul n. 44 della Gazzetta Ufficiale pubblicata il 22 febbraio 2021, infatti, il Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali (11 febbraio 2021) ha modificato il D.Lgs 81/08 a seguito del recepimento delle Direttive Europee 2019/130 e 2019/983.
Queste ultime modificano la Direttiva (CE) 2004/37 sulla protezione dei lavoratori contro i rischi causati dall’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni nel corso dell’attività professionale.
In concreto, l’Art. 1 sostituisce gli allegati XLII e XLIII al decreto legislativo n. 81/2008.
Gli agenti chimici pericolosi rappresentano senza dubbio le sostanze con maggiori implicazioni per la salute dei professionisti e la sicurezza degli impianti in cui operano.
L’Art. 222 del D.Lgs 81/08 definisce in questo modo gli agenti chimici pericolosi:
1
Sostanze considerate pericolose ai sensi del Decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni, inclusi gli agenti che corrispondono ai criteri di classificazione come sostanze pericolose del seguente decreto, ad esclusione delle sostanze pericolose solo per l’ambiente.
2
Gli agenti chimici classificati come preparati pericolosi ai sensi del D.Lgs n. 65 del 14 marzo 2003 e successive modificazioni, inclusi gli agenti che rispondono ai criteri di classificazione come preparati pericolosi di cui al predetto decreto, ad esclusione dei preparati pericolosi solo per l’ambiente.
3
Gli agenti chimici che, pur non classificabili come pericolosi dai punti 1 e 2, possono comportare un rischio per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa:
Anche sulla base della definizione degli agenti chimici pericolosi è possibile elaborare il documento di valutazione del rischio chimico, che deve includere al suo interno i seguenti elementi:
Un paragrafo che definisca nel dettaglio i criteri di valutazione seguiti, indicando in concreto come sia stata realizzata la valutazione del rischio chimico. In questa fase si può inserire un riferimento ad un software specifico adottato per il raggiungimento dell’obiettivo. Noi di Igeam, ad esempio, consigliamo di adottare Sirios-Chem, dispositivo all’avanguardia per la gestione e la valutazione del rischio chimico.
La valutazione effettiva del rischio, determinando e indicando i livelli di esposizione alle sostanze pericolose per ciascuna mansione.
La specificazione di tutti gli interventi di prevenzione e protezione messi in campo per la mitigazione del rischio negli ambienti di lavoro.
L’insieme delle misure, integrate eventualmente in un crono-programma, considerate necessarie per l’incremento dei livelli di sicurezza nel tempo.
La presenza delle sostanze pericolose nelle aziende e nelle organizzazioni è maggiore di quanto, normalmente, si sia portati a credere. Secondo uno studio condotto da EU-OSHA sulla diffusione delle sostanze chimiche o biologiche:
38%
Sono le organizzazioni che dichiarano che nei propri ambienti di lavoro sono presenti sostanze pericolose nella forma di liquidi, vapori o polveri.
32%
Sono i lavoratori che si espongono quotidianamente a sostanze pericolose, in particolare sostanze o prodotti chimici, e a fumo, esalazioni e polveri per una durata pari almeno a 15 minuti al giorno (nel 15% dei casi il periodo di esposizione è superiore).
Gli effetti sulla salute sono purtroppo drammatici. Dai dati dell’Indagine europea sulle condizioni di lavoro, infatti, emerge come ogni anno 1,6 milioni di persone in età lavorativa si ammali di cancro. Nel 7,5% dei casi la causa è imputabile alla continua esposizione ad agenti cancerogeni presenti sul luogo di lavoro.
Quando si discute di sostanze pericolose, l’attenzione tende a concentrarsi inevitabilmente sulla natura dei prodotti e sul loro trattamento. Rischiano, invece, di rimanere in secondo piano i lavoratori e le loro specifiche caratteristiche.
In altri termini, tutti possono esporsi al rischio da sostanze pericolose, ma nella pratica alcune tipologie di soggetti hanno maggiori probabilità di incorrere in tale pericolo.
Come rilevato da EU-OSHA, infatti, oltre a coloro che svolgono operazioni non di routine (es. lavori di manutenzione), i lavoratori più a rischio sono quelli:
Vediamo nel dettaglio le ragioni di tale maggiore vulnerabilità e le possibili strategie da attuare per mitigare il rischio di esposizione.
Una categoria di lavoratori che rischia di esporsi più di altre alle sostanze pericolose sul posto di lavoro è rappresentata dai soggetti in possesso di minore esperienza.
Come è ovvio, il trattamento e la gestione delle sostanze e dei prodotti chimici richiede estrema attenzione e cura.
Una maggiore esperienza, maturata sul campo e all’interno di contesti lavorativi complessi, può aiutare il lavoratore ad evitare comportamenti errati e a mettere in atto tutte le azioni necessarie in caso di pericolo imminente.
Un’azienda può adottare diverse strategie per tentare di salvaguardare i lavoratori meno esperti nell’esposizione alle sostanze pericolose:
Un’altra categoria di individui che corre il rischio di esporsi in misura maggiore alle sostanze pericolose è composta dai lavoratori in possesso di minore formazione e, generalmente, meno informati su tutte le problematiche connesse alla loro gestione e trattamento.
La mancata o ridotta formazione induce il lavoratore a fare affidamento unicamente sulla propria expertise.
Infatti, quando la formazione è carente o assente, il soggetto inesperto ricorre a conoscenze fallaci che non fanno altro che amplificare il rischio.
Un’azienda può mettere in campo diverse strategie per tentare di ridurre il rischio connesso a una ridotta formazione:
Tra le categorie che possono risultare più a rischio nella gestione e nel trattamento delle sostanze pericolose, spiccano i lavoratori che presentano una maggiore vulnerabilità fisica e sociale. In particolare, rientrano in questa classificazione le donne e i lavoratori precari.
Non sorprende, in questo senso, che la questione delle differenze di genere stia diventando centrale anche nell’ambito della salute e sicurezza sul lavoro. Le donne, infatti, sono sempre più impegnate in attività precedentemente destinate soltanto agli uomini.
Tale cambiamento richiede un adeguamento complessivo del sistema dedicato alla sicurezza: dall’attuazione di interventi che comprendano le reali implicazioni legate alle differenze di genere, fino al ricorso a dispositivi di protezione individuale adatti alle specifiche fisiche dei lavoratori.
La vulnerabilità, poi, può riguardare quei soggetti che cambiano spesso lavoro o che svolgono un lavoro temporaneo o non contrattuale. In questo caso, il lavoratore:
È evidente come la minore competenza, unita all’inesperienza e ad una fragilità psico-sociale, favoriscano in modo esponenziale l’esposizione al rischio da sostanze pericolose.
Le azioni da intraprendere per mitigare il rischio correlato ad una maggiore vulnerabilità fisica e sociale sono diverse:
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